INCONTRO COBAS – GOVERNO: il governo non sente ragioni: nessun risultato dall’incontro con i COBAS, gli altri sindacati e le associazioni che rifiutano il preside-padrone. E Boschi, “turbata” dalle critiche COBAS, cita la madre per garantire che i presidi non approfitteranno dello strapotere

12 Maggio 2015

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Fermiamoli con lo sciopero degli scrutini e con una oceanica manifestazione domenicale di tutti i lavoratori/trici e dei cittadini in difesa della scuola Bene comune (il 7 giugno?)

Ammettiamolo. Lo sciopero anti-quiz Invalsi di oggi, alle Superiori, è andato oltre le nostre più rosee previsioni: in una classe su tre gli insulsi indovinelli sono stati giustamente sbeffeggiati, grazie all’azione combinata di docenti, Ata e studenti, uniti nel ripudio dell’umiliante e distruttiva pratica quizzarola. E tantomeno lo avevano previsto Giannini e Faraone, che hanno perso “la brocca”, straparlando di COBAS “indecenti” e “strumentalizzatori” degli studenti. Premesso che considerare gli studenti in lotta giovani “strumentalizzabili” testimonia la distanza del governo dalla realtà delle scuole, qui di davvero indecente c’è soltanto la sordità e l’arroganza del governo renziano, che malgrado uno sciopero oceanico il 5, il blocco dei quiz del 6, con migliaia di genitori che hanno tenuto i figli a casa e il grande successo dello sciopero odierno, non intende tornare indietro sul suo Ddl, ripudiato “coram populo”.
Sordità confermata nell’incontro di oggi tra la delegazione governativa (Giannini, Del Rio, Boschi, De Vincenti) e quelle dei sindacati promotori dello sciopero del 5 maggio e di associazioni della scuola. Di fronte al rifiuto generalizzato dei presidi-padroni che assumono e licenziano e della folle Commissione che affida la decisione dei premi salariali per gli insegnanti, oltre che al preside, anche a due genitori (o un genitore e uno studente), i rappresentanti del governo hanno riconfermato le inaccettabili scelte in materia. E in più, la ministra Boschi, che pure aveva ammesso di essere la meno competente in materia, dopo aver espresso “turbamento” per l’intervento del portavoce COBAS, così “irrispettoso” verso il governo, come mai “un mio insegnante avrebbe fatto” (Boschi andava a scuola dalle Orsoline?), si è esibita in una “garanzia d’ufficio” per tutti i presidi d’Italia –  sulla base della esperienza di sua madre (che fa la preside) – dicendosi certa che mai abuseranno del loro potere, rendendo, come invece temiamo noi, la scuola un luogo di clientelismo, e nepotismo analogo a gran parte delle istituzioni nazionali. La stessa sordità il governo ha dimostrato nei confronti delle richieste di stabilizzazione di tutti precari che da anni lavorano nella scuola (sentenza della Corte di giustizia europea), di eliminazione dei quiz Invalsi, dello sblocco dei contratti per docenti ed Ata.
Dunque, a tale sordità e arroganza deve corrispondere una protesta ancor più incisiva, a partire dal 19 maggio, giorno in cui il Ddl verrà votato alla Camera, e in cui invitiamo a scendere in piazza unitariamente in tutte le città di pomeriggio, e a Roma davanti al Parlamento. Dopodiché, sul piano della lotta sindacale, è evidente che abbiamo una potente arma a disposizione: è il blocco della macchina burocratica legata agli scrutini. Ma lo sciopero degli scrutini deve vedere unito almeno lo schieramento che ha scioperato il 5 maggio, in un atto generalizzato, unitario e solenne di disobbedienza a regole-capestro antisciopero: in tal caso possiamo vanificare qualsiasi ipotetica “precettazione”. Però, oltre alla risposta interna alle scuole, dobbiamo smontare il tentativo del governo di contrapporre i docenti e gli Ata agli studenti e alle famiglie. La nostra opposizione è in nome della scuola Bene comune, degli studenti e dei cittadini tutti/e, e non solo degli “addetti ai lavori”, contro l’immiserimento materiale e culturale provocato dall’insulsa scuola-quiz aziendalistica. Dobbiamo dare una prova tangibile di questa sintonia, offrendo a tutti/e un’occasione per manifestare in una giornata in cui la stragrande maggioranza dei cittadini non lavora:  una manifestazione nazionale, enorme, di domenica, per il ritiro del Ddl e per la scuola Bene comune (7 giugno?). E’ vero che in Italia non esiste una tradizione di manifestazioni domenicali: ma proprio per questo risalterebbe quanto elevata è la preoccupazione generale per la disgregazione della scuola pubblica contenuta nella sciagurata idea dell’”uomo solo al comando”. Una domenica con tutti/e in piazza sarebbe un segnale fortissimo, che anche il Grande Imbonitore non riuscirebbe a nascondere.

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