Tenere la barra dritta!

21 Maggio 2020

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Oggi, più che mai, è necessario tenere la barra dritta all’interno della scuola sui terreni del diritto, della democrazia, della collegialità.

Come accade nel caso di eventi epocali, dopo il primo periodo in cui lo stupore e lo spavento (o l’opportunismo) lasciano nel limbo le idee di magnifiche e progressive sorti (a danno dei lavoratori), arriva puntuale l’attacco ai diritti sferrato con subdola forza, approfittando della contingenza e dell’emergenza per cercare di sdoganare concetti e idee come mai in altra situazione sarebbe stato possibile.

Questo sta accadendo nella scuola!

Accade con la didattica a distanza che, prima lanciata come una scialuppa di emergenza, la si vuole ora far salpare come un prestigioso veliero (sic!) affidandone il timone alle multinazionali dell’information technology.

Di fatto “grande opportunità” sta diventando per l’amministrazione il lavoro a distanza, non tanto forse per la qualità, ma per il vantaggio insito in forme di lavoro che non prevedono la presenza di lavoratori all’interno di un luogo fisico, che non facilitano scambi di idee, che non prevedono l’aggregazione, che indeboliscono gli ultimi bagliori di solidarietà, già sopiti nel mondo della scuola dal divide et impera delle scelte legate all’autonomia scolastica, dal modello di scuola-azienda.

Non a caso si prospetta per settembre un rientro in presenza per le attività didattiche, ma di contro si ipotizza di riunioni collegiali da svolgere a distanza.

Già, le famigerate riunioni collegiali a distanza che, dopo essere state indicate (ma non regolamentate) dal D.L. 18/2020, sono state assaporate per la loro “fluidità” dai dirigenti scolastici, alcuni così lungimiranti da proporre in piena emergenza ai consigli di istituto di regolamentarle a proprio uso e consumo. 

Non si può assolutamente accettare che dal prossimo anno le riunioni collegiali, e i Collegi docenti in particolare, possano svolgersi online.

Questo vorrebbe dire che le battaglie in collegio (che non sono solo didattiche, ma diventano anche sindacali quando si coinvolge il modo e il tempo del lavoro) su questioni pregnanti o non ci saranno o saranno con tale modalità tutte perdenti. 

Come nella didattica, che è comunicazione, per raccogliere consenso sulle proprie idee e sulle posizioni anche i docenti si devono ritrovare insieme, fisicamente, nello stesso spazio concreto: gli interventi, gli sguardi, i gesti, la prossemica, con i detti e non detti che solo nella compresenza fisica si determinano, sono un veicolo importante dei concetti e contribuiscono alla formazione del processo decisionale dal quale scaturisce il voto. Un voto, nel caso in presenza, che prende forza dagli sguardi e dalle posizioni manifestate con il gesto comune della mano alzata, espressione di solidarietà nelle idee.

Di tale comunicazione in presenza c’è bisogno per un corretto percorso di formazione del processo decisionale collegiale, di interventi vivi e sostanziali (non semplici soliloqui online dei dirigenti) e di vere votazioni, ben diverse nella forma e nella sostanza dalla costrizione di una manifestazione di dissenso sulla chat, vissuta nella solitudine della propria postazione dove il richiamo ad essere “contrario” risuona come una esposizione del dissidente al pubblico ludibrio.

Il problema delle votazioni e delle loro modalità è di fondamentale importanza per la democrazia partecipativa e riteniamo che – nelle more dell’approvazione da parte del Ministero di una regolamentazione specifica delle riunioni telematiche e delle votazioni da remoto che siano garanzia di tutela della persona e della sua libertà di espressione, di certezza e autenticità del voto privo di qualunque condizionamento anche di natura psicologica – quelle assunte oggi in emergenza nei collegi non possano considerarsi delibere legalmente votate, ma al più orientamenti, con  validità condizionata nel tempo.